lunedì 21 luglio 2008

La mia casa, ovvero cosa significa Architettura, per me

va beh, rifarsi la casa per rifarsi la casa... un classico. Il Piroscafo
L'unica cosa bella che ha fatto Aldo Rossi (no, dai, anche la caffettiera non è male...)



In effetti è strano. non ho mai pensato fino in fondo a come vorrei la mia casa. Giusto prima ci vogliono i cash, poi se ne parla.
Ma sognarla non costa quindi.

Partiamo da un assunto. Voglio una casa leggera. Leggera rispetto a come si posa a terra, ad al rapporto che ha con il cielo. Terra e cielo sono i due limiti di ogni architettura.
Mi piacerebbe che utilizzasse meno suolo possibile. Guardiamoci in faccia, le costruzioni non consumano suolo, lo utilizzano. Mi fa ridere chi dice che il costruire è antitetico rispetto alla salvaguardia dell'ambiente. Dell'ambiente non ce ne facciamo nulla se non creiamo delle situazioni mediante le quali utilizzarlo. I problemi sono due: come si creano quelle situazioni e come si utilizza ciò di cui l'architettura si serve per esistere: l'ambiente appunto. Il primo è squisitamente territorio dell'architettura. Il secondo lo è prima di tutto della politica, nel senso della gestione auspicabilmente corretta ed equa, perequativa, delle cose di tutti. Lo spazio è la prima delle cose di tutti. Non nel senso della proprietà ma nel senso di valore condiviso. Lo spreco di suolo, che pure è innegabile che ci sia, non è esito dell'incapacità dell'architettura di porre risposte ai problemi, ma di una politica che evita di guardare allo spazio come valore. Dopodichè dalla cattiva politica alla brutta architettura il passo è breve. e la situazione è sotto gli occhi di tutti.
La politica non è il mio mestiere. L'architettura si.
Il mio è il mestiere di chi partendo da una entità astratta, lo spazio, il vuoto, deve ad un certo punto raccoglierlo, chiuderlo, perimetrarlo come se fosse un liquido, per poterlo bere. Fuor di metafora bere lo spazio significa poter disporre di luoghi idonei, giusti, per fare le cose che vogliamo fare, cose che possono essere il raccogliersi in intimità, pregare, baciare, fare l'amore, passeggiare, correre, litigare, morire, nascere.
Perimetrare lo spazio significa sottrarlo al nulla per darlo a chi lo abita. L'operazione della sottrazione alla biosfera del vuoto per riempirlo di azioni, di eventi, è per me il fare architettura.
La mia casa può allora utilizzare lo spazio senza sprecarlo. Può poggiare sul suolo in modo puntiforme, ad esempio con struttura in acciaio, ed essere staccata da terra, rialzata, senza bisogno di scavo. Potrà essere realizzata a secco, senza roba in opera. Al momento della sua dismissione (gli edifici sono come lo yogurt, hanno la data di scadenza) tutto sarà più facile. basterà smontare e riusare ciò che si può (legno, acciaio, ad esempio). Sarà luminosa, e cioè correttamente collocata rispetto al sole. Sarà passiva, cioè consumerà poco, molto poco. E le tecnologie per farlo ci sono. Sarà intima. Non un capolavoro da Archistar, da Star System, ma la mia casa. Potrò camminarci scalzo, o andare in giro nudo senza sentirmi fuori luogo. Senza sentirmi l'Architetto che urla continuamente con arroganza "questa è opera mia".
Avrà un patio. Potrà essere tutta su un piano. O su due, con un soppalco. Sarà fuori bianca. O coloratissima. Non avrà siepi, perchè la foresta di Sherwood sta bene solo a Nottigham. Avrà una amaca, tesa fra due alberi, per poterla rimirare, e per poter ammirare tutto il resto.

Potremmo continuare all'infinito quasi. Non è la wish list. Sono suggestioni, tutte oggi realizzabilissime, a partire dalle quali si costruirebbe in maniera più corretta, per noi e per il territorio che la accoglierebbe senza stare li a guardarla, il più delle volte inorridito, come capita molto spesso oggi.
Sono provocazioni, anche. Per dire che l'Architettura è una risorsa per stare meglio, e per sprecare di meno.
La società si rispecchia in quello che costruisce. Forse capendolo cambieremmo un po' il modo di farlo.

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